
Per essere dei buoni kiters non basta saper navigare, fare salti e dare spettacolo in acqua. Se non si rispettano le fondamentali regole di sicurezza, ci vuole poco a trasformare una tranquilla session in un’operazione di salvataggio. Un episodio da manuale per gli errori commessi.
Kitesurf ed errori da principiante. In quanto tempo s’impara il kitesurf? Questa è la domanda regina di chi si avvicina a questa disciplina. Una scuola qualificata vi risponderà che un corso base di 6 ore vi porterà da zero ai primi bordi. Non è fantascienza, in molti ci riescono se si verificano però una serie di condizioni fondamentali: un istruttore qualificato che segue standard di insegnamento collaudati, un’attrezzatura dimensionata secondo la progressione di apprendimento, condizioni di vento medio-leggero e infine una buona attitudine dello studente. Alcune persone riescono addirittura ad accorciare i tempi di apprendimento, per altre invece serve qualche ora di pratica in più. Tutto normale, non siamo tutti uguali.
Un corso base tuttavia non ha l’obiettivo unico di farvi navigare, ma di insegnarvi a gestire l’attrezzatura in autonomia e soprattutto a rispettare delle fondamentali regole di sicurezza. Poi è l’esperienza, il numero di session, la variabilità delle condizioni con cui si esce e la voglia di migliorare a costruire nel tempo la vera padronanza di questo sport. Torniamo allora alla domanda iniziale: In quanto tempo s’impara il kitesurf? In poche ore, certo può essere la risposta giusta, ma anche qualche mese o addirittura alcuni anni, sono risposte altrettanto corrette. Dipende solo ed esclusivamente da noi. “Imparare il kitesurf”, in realtà è proprio questa definizione da riempire di significato. Saper navigare, così come cambiare direzione o saltare, sono solo una parte del gioco. Rappresentano l’aspetto puramente tecnico. Ma in ballo c’è molto di più: la conoscenza del mare e della meteorologia, la valutazione onesta delle proprie abilità e competenze e, non da ultimo, il rispetto delle regole di sicurezza.
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La fretta è la vera nemica del kiter
Errori da principiante. Ecco un piccolo episodio che spiega come a volte la voglia di navigare superi la corretta valutazione dello scenario, delle proprie conoscenze e delle attrezzature. Mese di agosto, cielo pulito, prime ore del pomeriggio, spiaggia piena di stabilimenti, ombrelloni e bagnanti. Primo giorno di Scirocco, vento sui 13-15 nodi, side off. Mare con chop moderato. Una coppia di ragazzi francesi arriva in spiaggia, in un tratto libero, ma adiacente a uno stabilimento controllato dai bagnini. Chiedono a questi ultimi se si può uscire in kite e i guardia spiaggia non fanno problemi. Lui monta una vela, stende la barra, indossa il trapezio e si fa decollare dalla ragazza. Entra in acqua e dopo circa 10 minuti di bordi faticosi, lasca tutto e si allontana dalla costa, ma durante un cambio di direzione la sua ala si appoggia piano in acqua, i cavi perdono tensione e finisce in power zone. Cominciano i tentativi del kiter di rilanciarla, ma non c’è verso. Con sé ha ancora la tavola e più passano i minuti, più continua ad allontanarsi dalla costa in balia del vento e della corrente. Alcuni bagnanti osservano la scena e qualcuno, pur non essendo un praticante, intuisce che c’è qualcosa che non va. Mi avvicino alla ragazza che si chiama Nadine, vagamente allarmata, mi presento e mi qualifico come istruttore. Gli chiedo il livello di esperienza del compagno che mi dice chiamarsi Olivier e mi assicura che pratica il kite da un paio di anni, compresa una lunga vacanza in Brasile. Chiedo il binocolo ai bagnini e osservo da vicino la scena.
Una session partita male e finita peggio
Il ragazzo è senza giubbotto di salvataggio, senza muta e non indossa il casco. Ha solo la lycra. Pesa circa 75 chilogrammi e ha un’ala di 9 metri che tra l’altro nel frattempo si è leggermente sgonfiata. Lui sembra stare bene e continua a tirare le front per tentare di rilanciare l’ala che ormai galleggia a stento piena d’acqua. In quelle condizioni l’unica soluzione per cercare di rientrare a terra è il self rescue, una manovra di emergenza che permette di raggiungere il kite, sfruttarne la galleggiabilità anche residua e utilizzarlo come vela per navigare. Il vento però spinge in mare aperto e la corrente altrettanto. L’acqua inoltre, così lontano dalla costa, in questo tratto di mare è particolarmente fredda per via delle correnti, sui 22-23 gradi.
Lavoro di squadra per un salvataggio
Chiedo subito ai bagnini di chiamare la Guardia Costiera. Nel frattempo un loro collega di uno stabilimento sottovento vara veloce il pattino di salvataggio e comincia a remare in piedi per raggiungere in fretta il kiter. Passano circa 20 minuti e finalmente lo raggiunge. Parlano tra loro, poi inizia a trainarlo a riva. Ci mettono tanto a rientrare controvento. Quando è in spiaggia lo raggiungo e mi assicuro che stia bene. È esausto ma ha salvato tavola e kite. In quel mentre arriva il gommone della Guardia Costiera. “Ora gli fanno la multa”, penso tra me e avverto della possibilità la coppia. Olivier è uscito in una spiaggia dove è vietato fare kite durante la stagione balneare, inoltre non indossava il salvagente obbligatorio. Invece gli operatori della Guardia Costiera gli chiedono solo se sta bene e cosa è successo. Faccio da interprete e confermo il racconto del ragazzo. I militari salutano e vanno via con il loro potenti fuoribordo al minimo. Olivier abbozza un sorriso e va a rassicurare la ragazza. È stato doppiamente fortunato e lo sa benissimo.
Ma allora perché ha inanellato una serie di errori così elementari da vero principiante? Alza le spalle, non vede l’ora di impacchettare tutto e tornare al punto di uscita a circa 2 chilometri. Gli do una serie di informazioni sulla costa, le previsioni dei prossimi giorni e gli spot sicuri dove uscire. Mi ringraziano e ci salutiamo dicendo “au revoir”.
Le 4 regole fondamentali di una session
Dalla disavventura di Olivier si possono trarre almeno 4 importanti lezioni che dovrebbero essere il mantra di tutti i kiters, principianti ed esperti:
- CONOSCERE LO SPOT. Mai uscire in una spiaggia in cui la pratica del kitesurf non è consentita per evitare multe e verbali della Guardia Costiera. Se non c’è nessuno in acqua, qualcosa vorrà dire. Conoscere lo spot e le sue caratteristiche è altrettanto fondamentale, così come le ordinanze locali. L’acqua fredda per esempio può facilmente portare al’ipotermia. Olivier era intirizzito pur essendoci 30 gradi di temperatura esterna.
- INDOSSARE UN SALVAGENTE. Al di là della normativa, quando si esce in mare aperto è sempre bene indossare un salvagente o un impact jacket. Può sempre capitare di rimanere in ammollo per un imprevisto.
- CONTROLLARE L’ATTREZZATURA. Armare un’ala ben dimensionata rispetto al proprio peso e alle condizioni meteorologiche in atto e previste. Controllarla prima di entrare in acqua per verificare l’eventuale presenza di danni, forature o difetti alle valvole di gonfiaggio. Aspettare qualche minuto dopo averla gonfiata per accertarsi che tenga la pressione.
- CON VENTO DA TERRA SI RESTA IN SPIAGGIA. Mai uscire con vento da terra, qualunque sia la sua intensità, è la regola per il kitesurf e qualsiasi altro watersports (windsurf, wingfoil, Sup, etc.). A meno che non ci sia una barca addetta al recupero.
Un ringraziamento speciale, oltre che ai bagnini intervenuti per recuperare Oliver, va agli agenti della Guardia Costiera per i modi gentili, il rispetto della persone e la tempestività dell’intervento. Spesso li critichiamo e li vediamo solo come nemici o tutori irreprensibili delle regole di navigazione. Quando però vengono a salvarci, è tutta un’altra storia.