La vera sfida per un istruttore di kitesurf non sono tanto le condizioni meteorologiche e il contesto ambientale in cui si svolgono le lezioni, ma il tipo di personalità dello studente che si ha di fronte. Un istruttore bravo deve saper essere anche un po’ psicologo, empatico e a sua volta curioso di imparare.

Il bello di insegnare kitesurf a livello professionale è che si conoscono tanti allievi, tante persone, ognuna diversa, magari con dei valori comuni, ma spesso con età, personalità e motivazioni del tutto differenti. Anche il paese di origine e la lingua straniera possono fare molto la differenza tra uno studente e l’altro e arricchire ulteriormente il proprio bagaglio di insegnante, così come d’altro canto aumentare le difficoltà delle lezioni. Pensiamo per esempio alla gestualità diversa dei latini rispetto ai popoli del Nord Europa, ma anche al linguaggio del corpo e al concetto differente di privacy che può avere uno spagnolo da un giapponese. I bambini poi sono davvero un mondo a parte. Con loro ci vuole esperienza, capacità e preparazione specifica.

Mettersi sempre nei panni dell’allievo

Paradossalmente insegnando a tutta questa fauna umana si trasmettono nozioni, approcci, informazioni tecniche e cultura dello sport e del mare, ma nello stesso tempo si impara anche tanto dal punto di vista di un istruttore. Basta sapere osservare, ascoltare, scambiarsi energia. Tra le doti di un buon istruttore di kitesurf oltre alla passione per l’insegnamento, la conoscenza dei fattori fisici in gioco e le tecniche per trasmettere in sicurezza i principi base della disciplina, c’è infatti una componente psicologica che non va assolutamente presa alla leggera. Mentre s’insegna non bisogna mai dimenticare che dall’altra parte c’è uno studente, un allievo, una persona in uno stato di soggezione, qualcuno che ne sa meno di noi in questo campo e piuttosto che mortificarlo in qualsiasi modo, spaventarlo o peggio ancora ridicolizzarlo, occorre trasmettergli serenità, valorizzare i suoi punti forza, condividere il piacere di imparare cose nuove e la voglia di giocare con sé stessi e gli elementi della natura. Tante lezioni non falliscono per la mancanza di vento o per l’attrezzatura sbagliata, ma perché manca nell’istruttore questa componente fondamentale: sapersi relazionare agli altri.

Lezioni kitesurf

Non solo nozioni, ma anche un po’ di psicologia

Un bravo istruttore di kitesurf durante le lezioni avrà quasi sempre buoni risultati con gli allievi, ma un istruttore che è anche un bravo psicologo, empatico e che sa mettere a suo agio gli studenti avrà sempre una marcia in più e resterà nel cuore e nella testa di chi sta imparando regalandogli un’esperienza di apprendimento ancora più bella, efficace e felice. Con l’esperienza s’impara tanto da sé stessi, ma soprattutto dagli altri e con intelligenza e umiltà si migliora anche nell’insegnamento.

In tema di personalità non tutti gli allievi sono facili naturalmente e non tutte le lezioni di kitesurf sono una passeggiata per un istruttore. L’esperienza e le ore di lavoro sul campo permettono di risolvere al meglio la maggior parte delle situazioni. Ci sono tuttavia degli allievi particolarmente difficili, se non proprio ostici che rischiano di mandare all’aria la lezione se non si sa come gestirli. Dei bambini abbiamo già accennato, ma sono difficili anche le persone molto timide, quelle super tecniche che vogliono sapere tutto anche quello che non serve all’inizio, quei soggetti che hanno delle difficoltà oggettive o problemi motori e poi le coppie (quasi sempre agli opposti), oppure la gente spavalda o fuori di testa. Ci sono però due prototipi di allievi che stanno agli estremi di questo catalogo di situazioni e che offrono all’istruttore difficoltà diametralmente opposte e forse meritano un approfondimento.

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Lezioni kitesurf

L’ansioso

Il kitesurf è uno sport estremo e in certe situazioni diventa molto pericoloso. Anche senza eseguire manovre spericolate, fare errori banali e non rispettare le più elementari norme di sicurezza, il kitesurf di per sé mette ansia per il fatto che si è agganciati a un’attrezzatura che con il vento ci tira, ci strattona, ci fa perdere l’equilibrio. L’ansioso è lo studente più classico e diffuso. Tutti all’inizio siamo timorosi di provare il primo pilotaggio, i decolli, gli atterraggi. È normale e non c’è nulla di sbagliato a sentirsi un po’ in agitazione, un po’ scettici di fronte a una disciplina nuova e strana. Il vero ansioso tuttavia rimane tale anche quando gli spieghi tutto, gli fai vedere come funziona e gli stai vicino mentre prova lui. Ogni esercizio nuovo lo manda in tilt, non si adatta agli scenari, non si calma mai. Vede sempre il pericolo in agguato, si sente continuamente minacciato e non riesce a rilassarsi. È un guaio perché l’ansia non lo mette a proprio agio, gli irrigidisce i muscoli e sembra sempre distratto, concentrato solo sugli errori e sui possibili pericoli, anche quando questi ultimi sono ridotti all’osso.

Come gestirlo

Le lezioni di kitesurf con un vero ansioso naturalmente sono più difficili per l’istruttore. Bisogna fare uno sforzo in più per spiegargli ogni cosa, rassicurarlo in continuazione, elogiarlo quando fa bene e non essere troppo bruschi e severi se commette qualche errore. Spesso aiuta distrarlo ogni tanto parlando d’altro, raccontargli episodi divertenti oppure apprezzare insieme un rider particolarmente bravo che passa oppure un contesto naturale particolarmente bello. Quello che è importante con un ansioso è non essere mai drammatici, non sottolineare mai solo i pericoli di questo sport o comunque presentargli sempre le contromisure in caso di errore, essere sempre positivi e soprattutto fargli immaginare il dopo, il momento successivo all’apprendimento, quando sarà un kiter finalmente rilassato e soddisfatto (vero solo in parte, perché l’ansioso resta ansioso anche quando conosce tutto e in kite ci sa andare).

Lezioni kitesurf

Il kamikaze

Prendete uno sport estremo come il kitesurf, aggiungeteci un kamikaze e tenetevi forte: la tragedia per un istruttore è sempre in agguato. Il kamikaze è uno che se ne frega del pericolo, un incosciente, uno che è consapevole dei pericoli ma semplicemente si diverte a sfidarli, incurante del fatto che non è solo al mondo ma c’è altra gente che per i suoi comportamenti esagerati può spaventarsi, subire danni all’attrezzatura o anche farsi male. L’adrenalina è il suo pane quotidiano e la sua fame è alquanto insaziabile. Per lui praticare il kitesurf è una sfida come un’altra, l’importante è provare il brivido, mettersi alla prova, combattere contro tutto e tutti. Il kamikaze si sente un guerriero e s’immola per la causa. Quale sia questa causa lo sa solo lui e i suoi fantasmi.

Come gestirlo

Le lezioni di kitesurf con una persona dall’indole del kamikaze non solo sono stressante per l’istruttore, ma da un momento all’altro possono trasformarsi in un vero disastro. Inutile in questo caso redarguire lo studente sui possibili rischi di una distrazione, di una manovra errata, specialmente con vento forte e in presenza di ostacoli, o peggio ancora di un azzardo. Il pericolo e i rischi connessi al kitesurf sono nulla di fronte alla sua sete di adrenalina. In gioco però non c’è solo il rischio di farsi male lui o lei, ma soprattutto fare male o causare danni agli altri kiters, sia studenti che esperti, per non parlare dei bagnanti. L’unica via di uscita per l’istruttore in questi casi è proprio quella di far valere la propria responsabilità come insegnante e come scuola. In ballo ci sono assicurazione, risarcimento danni e beghe burocratiche a non finire. Se lo studente non segue le regole, disobbedisce, fa come gli pare e non rispetta ruoli e responsabilità, la lezione non può continuare. Nel 90 per cento dei casi questo atteggiamento con i kamikaze funziona.